Santuario e convento del Carmine - Madonna del Carmelo a Ispica - Visit Ispica

Santuario e convento del Carmine – Madonna del Carmelo a Ispica

Uno dei luoghi più suggestivi della città di Ispica, un luogo di profonda devozione. Un nucleo quasi isolato della città, il quartiere detto Cozzo Carmine, delimitato dai due valloni della Cava Grande e della Cava del Tuono, un luogo di pace. Vi si accede tramite delle stradine strette che permettono di raggiungere Piazza Statella dove si trovano la chiesa del Carmine e il convento annesso.

La chiesa è santuario mariano cittadino dal 1985 ed è dedicato alla Madonna del Carmelo, patrona della città.

Santuario e convento della Madonna del Carmelo.
Video realizzato da Indirettamente @indirettamente

Il santuario

L’esterno

Il complesso originario andò distrutto dal terremoto del 1693 e fu ricostruito, grazie ai fondi del marchese Andrea Statella, durante il Settecento. Doveva essere uno dei pochi luoghi del colle Calandra ad essere costruito quando ancora l’antica Spaccaforno si trovava nel fortilizio della Cava. La chiesa ha una facciata semplice ad ordine unico delimitato da paraste, al culmine del quale vi è il campanile.

Al centro della facciata vi è il portale, decorato con alcuni bassorilievi tardo rinascimentali, probabilmente recuperati dall’edificio precedente. Le fonti affermano infatti che il luogo di culto venne fondato nel 1534 e dedicato a Santa Caterina di Alessandria; solo successivamente venne dedicato alla Madonna del Carmelo.

Questi bassorilievi, integrati con altri due realizzati nel Novecento, raffigurano i padri carmelitani sant’Alberto di Gerusalemme, sant’Angelo, Sant’Alberto degli Abati e il Venerabile Statella.

Chiave di volta del portale centrale è un puttino che regge la data 1632 e, poco più in alto, vi sono altri due puttini che reggono lo stemma della famiglia Statella, divenuto stemma della città di Ispica, anche questi antecedenti al terremoto. Il timpano spezzato del portale centrale incornicia la parte bassa del finestrone che è sovrastato da una nicchia con colonne tortili nella quale si conserva la statua della Madonna del Carmelo, patrona civitatis dal 1875.

L’interno

All’interno la chiesa è a navata unica e sulle pareti laterali vi sono otto cappelle, quattro per ogni lato. Le cappelle sono decorate con colonne tortili e stucco e conservano diversi dipinti del XVIII secolo tra i quali il Transito di San Giuseppe, la Madonna del Carmine tra Santi carmelitani, Maria tra i Santi Agostino e Antonio, Maria tra Santa Caterina d’Alessandria e Sant’Agnese.

Sul lato destro della navata vi è il mausoleo del Venerabile Statella, datato 1758. Esponente della famiglia dei marchesi Statella, il Venerabile Andrea (1678-1728) fu promotore della riforma carmelitana siracusana. Il monumento funebre, realizzato probabilmente da uno scultore della famiglia Gianforma, rappresenta un drappo sorretto da due putti, un ovale con un’iscrizione in latino e due stemmi: quello dell’ordine carmelitano e quello della famiglia Statella.

Sempre sul lato destro, a ridosso dell’altare, vi è un pulpito ligneo poligonale, uno dei pochi elementi precedenti al terremoto, sul quale vi sono raffigurati i santi Angelo, Alberto, Elia e Telesforo.

L’altare principale della chiesa, con una struttura concava con colonne corinzie, ospita la statua lignea della Madonna del Carmelo, realizzata nel 1860 dallo scultore palermitano Bagnasco. La statua raffigura la Vergine che tiene in braccio il bambino e le chiavi della città. Entrambi portano una corona e le insegne mariane. Il simulacro viene portato in processione il 16 luglio o la domenica successiva in occasione dei festeggiamenti per la patrona organizzati dalla Confraternita della Madonna del Carmine. Oltre alla tradizionale processione, nella notte del 16 luglio si svolge la marcia cittadina guidata dal Sindaco. La marcia parte dal santuario, prosegue per i tornanti della strada Barriera, raggiungendo l’ingresso della città per rendere omaggio alla statua lì presente. La mattina del 16 luglio, invece, vi è la consacrazione dei bambini e delle bambine vestiti con il tradizionale abitino carmelitano e la benedizione degli ex voto.

Il convento

Il convento ha una facciata molto semplice su due livelli. Il portale centrale è incorniciato da un bugnato liscio mentre l’unico balconcino della facciata conserva delle decorazioni tardobarocche nelle mensole con i mascheroni che sorreggono il balcone.

Dal portale centrale si accede ad un cortile porticato, rimasto incompleto per la parte superiore, al centro del quale vi è un pozzo. Su questo cortile si aprono diversi ambienti tra i quali il grande salone del convento, coperto con volte a crociera. Ai piani superiori, vi sono le celle dei monaci.

Con la soppressione degli ordini religiosi e l’allontanamento dei monaci carmelitani a fine Ottocento, il convento è stato utilizzato in modi diversi: ufficio registro del Comune, sede dell’esercito fascista, ospedale e scuola. Oggi ospita le suore domenicane del Sacro Cuore.

Fu proprio durante il periodo nel quale il convento era sede dell’Ufficio Registro a fine Ottocento, che lo scrittore Luigi Capuana, in qualità di sindaco del Comune di Mineo, venne a Spaccaforno per riscuotere i canoni dei terreni della Marza di proprietà del comune di Mineo. Fu ispirato dai locali del convento e decise di ambientare qui le vicende di Patrizio e Eugenia con il suo romanzo Profumo:

«Il giorno dopo, però quando egli [Patrizio] visitò il vasto e solitario convento che doveva servigli da ufficio e da abitazione, si sentì stringere il cuore, pensando che mai Eugenia si sarebbe adattata a vivere in quel casamento dai larghi corridoi, echeggianti al rumore dei tacchi delle persone che venivano e andavano per gli affari d’ufficio; con quella doppia fila di usci sempre chiusi, che prendevano sinistro aspetto di abbandono e di desolazione alla scialba luce delle grandi finestre con vetri polverosi e imposte coperte di ragnatele ai due capi.»

tratto dal romanzo “Profumo” – Luigi Capuana, 1892 (pagina 7)

«E intanto che l’assessore, ometto bruno, sbarbato e dallo scilinguagnolo molto sciolto, lo conduceva di qua e di là, nell’antico refettorio, nella cappelletta interna pei frati infermi, nella selva, com’egli chiamava con fratesca amplificazione quell’orto, e all’ultimo sull’ampia terrazza, che si affacciava dal picco della roccia su la fertile pianura digradante fino alla spiaggia – gialliccio argine di dune contro la invadente forza del mare;»

tratto dal romanzo “Profumo” – Luigi Capuana, 1892 (pagina 7)

Bibliografia

  • Luigi Capuana, Profumo, 1892.
  • Paolo Nifosì, Guida di Ispica, 1992.
  • Salvatore Brancati, Ispica La nuova guida, 2012.
  • Benedetto Sessa, La devozione carmelitana ad Ispica, in «Hyspicaefundus», anno IX, n. 19, dicembre 2012.