“Ronna Ciccia, Ronna Ciccia”
“Chi c’aviemu ‘gna Cuncetta?”
“U sapuni nun mi quagghiau! Mo viniti a taliari?”
“Aspittati ca vo viegnu a talíu”
“Donna Francesca, Donna Francesca”
“Cosa abbiamo signora Concetta?”
“Il sapone non si è addensato! Venite a dare un’occhiata?”
“Aspettate che vengo a guardarlo”
Iniziava cosi il racconto di mia nonna Ciccia dal titolo “All’ebbica si facía u sapuni i casa”(all’epoca si faceva il sapone di casa).
Uogghiu viecciu, n’cafisu (12 litri di olio di oliva vecchio), acqua e soda.
Non sono sicura che mia nonna Ciccia avesse una bilancia di precisione per misurare gli ingredienti, ma sono più che certa che “quattru pugnidda” corrispondessero a 1,5kg di soda.
Lei lo faceva “a caldo” e ad occhio.
Mescolava “na caurara” (nel calderone) la soda all’acqua e poi tutto dentro l’olio e riminiava (mescolava).
Riminiava e riminiava, fin quando non si addensava; doveva avere la stessa consistenza “ro biancu manciari” .
Se un po’ di sapone su una pietra non colava, allora era avvenuto il miracolo.
Cassettine di legno pronte, foderate ca ncirata (incerata) e via dentro. Lo lasciava lì per circa un giorno interno, dopodiché lo tagliava a tocchetti.
“Tinìti, ora u sapuni quagghiau. Prima era ammaliatu”
“Ará Ronna Ciccia, grazi. Comu mi puozzu luvari l’obbligu?”
“Cará cará, ca nenti”
“Tenete, ora il sapone si è addensato. Prima era andato a male.”
“Ará* Donna Ciccia, grazie. Come mi posso sdebitare?”
“C’ará c’ará*, niente”
*Ará intercalare siciliano derivante dal greco, ἄρα/ῥά. Significato originario: “e, allora, dunque, appunto ”
E mia nonna Ciccia se ne ritornava a casa sua. Contenta d’aver aiutato a gna Cuncetta a fari U sapuni ri casa.
Io vorrei che mia nonna Ciccia fosse orgogliosa dei suoi nipoti.
E allora ho pensato di rimboccarmi le maniche e fare U Sapuni i Casa.
Io, a differenza sua, lo faccio a freddo e lo peso.
Aggiungo la soda all’acqua, che arriva ad una temperatura di circa 90°.
Aspetto che la temperatura della soluzione caustica scenda e nel frattempo scaldo leggermente l’olio. Quando sono entrambi a 45° li unisco e li frullo per ottenere il “nastro” (il famoso biancu manciari).
Avvenuto il miracolo, verso il prodotto nello stampo e aspetto circa 24 ore.
Il risultato finale, dal taglio al colore é sicuramente più fine rispetto a 60 anni fa, ma volete mettere la soddisfazione di poter dire “faccio il sapone in casa”.
Testo e immagini a cura di Francesca Marina